sabato 2 giugno 2012

Il libro della settimana.

Il peso falso è un romanzo breve di Joseph Roth, che si legge con facilità e piacere, perché appassionante, acuto e pieno di colpi di scena.


La  storia contorta e controversa di un uomo trascinato in un mondo che non riconosce e non gli appartiene, nel quale i suoi principi non hanno valore e si dissolvono, annullati dalla mancanza di punti di riferimento sicuri e accettati.


Il palcoscenico dove Joseph Roth fa recitare i protagonisti del romanzo è la periferia sud dell’impero asburgico.




Anselm Eibenschütz è un ufficiale ebreo dell’esercito austriaco che conduce un’esistenza tranquilla e  ordinata, in un mondo chiuso e protetto, dove tutto (per lui)  ha un senso perché riferito a un sistema di valori condiviso e rispettato.

La moglie (che lui non ama) lo convince a lasciare l’esercito e ad accettare un lavoro nella provincia di  Zlotogrod, dove va a svolgere la funzione di verificatore di pesi.

Eibenschütz, persona retta e onesta, svolge il suo compito con zelo e dedizione, attirandosi ben presto l’ira di commercianti e negozianti di quel posto, dove la truffa e l’imbroglio sono la regola, e dove addirittura il proprietario di una locanda dai mille loschi traffici, costruisce e vende pesi falsi.

Un posto dove tutti sono imbroglioni e nessuno denuncia nessuno, rendendo inutile anche la presenza dei tribunali stessi, che sono sempre vuoti.

Ben presto la vita di Eibenschütz viene travolta da una serie di eventi, la moglie lo tradisce, lui inizia a bere, a non curare più il suo lavoro e il decoro del suo aspetto, s’innamora di una bella zingara; passione che lo travolge e lo annulla.

Per la prima volta nella sua vita, le azioni Eibenschütz sono regolate dalla passione e non dalla ragione, dalla logica e dai suoi pesi.

Eibenschütz prova a dare una forma “ordinata” a questa sua nuova passione, ma è destinato a fallire perché il suo tentativo si basa su pesi e misure che risultano falsi rispetto ai fatti, al sentire degli uomini e all’ambiente.

E’ destinato al fallimento contro la natura della bella zingara, aliena alle convenzioni della società e del perbenismo, la zingara vive non pensa, il cuore e l’istinto delle passioni sono la sua bussola.

Varie sono le vicende tragiche di cui Eibenschütz è protagonista.

L’epilogo della storia è ancora più tragico, è il sigillo del fallimento anche intellettuale, di una esistenza vissuta senza assumersi le proprie responsabilità di essere pensante.

Infatti Eibenschütz è un uomo che ha avuto paura di decidere, che ha affidato la sua vita prima alle regole protettive dell’esercito, poi alla moglie, infine al vizio e alla zingara.

Nell’attimo tragico del trapasso, a cui Eibenschütz approda per mano di un evento violento,  nel delirio dei momenti precedenti alla morte, il protagonista immagina di trovarsi al cospetto del Grande verificatore di pesi, e di essere questa volta lui ad essere sottoposto alla verifica dei propri pesi, che lui credeva esatti.

Ma il Grande verificatore lo gela, gli dice che i suoi pesi sono tutti falsi, ma che comunque non lo denuncerà, inserendo anche lui nel vorticoso gioco di verità e falsità inafferrabili e indefinibili, che come i miraggi si dissolvono quando ci avviciniamo troppo.

Eibenschütz capisce quanto miserabile è stata la sua esistenza e i suoi tentativi di stabilire e di distinguere il vero dal falso, in un mondo dove queste categorie sono mutevoli e relative, in un mondo dove i pesi e le misure diventano veri o falsi a seconda del momento e dei nostri bisogni.






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