Se dovessi raccontare la Sicilia
e la sua gente attraverso le immagini impresse nella mia memoria, userei
certamente i volti di alcuni miei vicini di casa e di alcuni miei parenti, volti di
contadini e di muratori, volti bruciati dal sole e segnati dalle rughe di una
vita di lavoro e di preoccupazioni. Volti di siciliani, di ciminnesi. Volti sinceri, semplici, aperti,
onesti.
Userei l'immagine dei loro corpi "modellati" dal lavoro,
piegati dalle fatiche di intere giornate passate a lavorare le loro terre.
Userei i volti delle
mogli di questa gente, donne capaci di far bastare alla famiglia quello che non
poteva bastare, donne capaci di vestire i loro figli dignitosamente senza
spendere una lira. Donne forti, sempre pronte a fare la loro parte nei momenti difficili. Donne immense mai abbastanza ricordate e celebrate.
Mi vengono in mente i
volti, ma anche le storie di quei volti scavati, scolpiti come roccia, volti che ruga dopo
ruga hanno intessuto il racconto di una vita, storie di uomini coraggiosi, non
del coraggio delle grandi imprese ma del coraggio del sacrificio per la
famiglia e per i figli.
Ho nitido nella mente il ricordo
di un mio vicino di casa, che avendo ormai superato gli ottant’anni, la mattina
per recarsi in campagna, aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse a montare
sul suo mulo, perché da solo non ce la faceva più. Ma il suo amore per la terra era più forte della vecchiaia e degli
acciacchi che avevano reso il suo corpo un rigido pezzo di legno, allora con
l’aiuto del figlio montava sul mulo e partiva.
Poi una volta arrivato nel suo
appezzamento di terra aveva ancora bisogno di qualcuno che lo aiutasse a
scendere. All’epoca mi chiedevo quali
lavori era ancora in grado di fare in campagna questa persona; la domanda era
sciocca perché lui non andava per lavorare, ma per stare in compagnia della sua
terra. Quella terra che lo aveva visto nascere, crescere, sposarsi, vivere.
Una mattina questo signore si
recò nella stalla, ma il suo mulo non era più lì, il compagno fedele di tante
lunghe giornate di lavoro non era più al suo posto.
I suoi familiari lo avevano
venduto, perché preoccupati, perché lui
era ormai troppo vecchio e malandato, avevano paura che cadesse dal mulo.
Da lì a qualche mese questo
signore morì, si è lasciato morire, vinto dalla malinconia per la sua terra e
dal sentimento per lui insopportabile di sentirsi inutile.
Inutile perché non era più capace
di lavorare.
Ho nitido il ricordo di mio padre
concentrato a fare i suoi conti per i piccoli appalti che prendeva, attento a non sbagliare, attento a
fare il preventivo giusto senza mai approfittarsi di una lira.
Ho vivo il ricordo della velocità con la quale, la sera dopo una giornata di lavoro, partiva per andare in campagna a continuare a lavorare
Anche lui ha lavorato fino alla
fine, solo una maledetta malattia lentamente ma inesorabilmente, ha divorato il
suo corpo e cancellato la sua viva intelligenza. Due cose la malattia non è
riuscita a portargli via: il suo senso dell’umorismo, e l'amore per la campagna, quelle no. In questo la
malattia ha perso contro mio padre.
Quando penso ai siciliani penso a
gente onesta e lavoratrice, ma andando in giro per il mondo ho scoperto con rammarico
che invece le cose che gli stranieri conoscono di noi, sono la mafia e la corruzione
della classe politica.
Sono lesti gli stranieri ad
associare la Sicilia alla mafia e alla corruzione, fondamentalmente perchè della Sicilia abbiamo principalmente
fatto conoscere al mondo, tramite i film e i giornali, solo quello che fanno questi parassiti siciliani.
Allora io dico no, non è cosi: la
Sicilia ha anche il volto dei magistrati, dei poliziotti, dei politici onesti, dei
sindacalisti giusti, degli imprenditori che si sono opposti alle estorsioni, la
Sicilia ha il volto di tutta questa gente che dalla mafia è stata ammazzata.
La
Sicilia ha il volto di questi eroi che
tutti conosciamo, ma ha anche il volto del mio vicino di casa, dei nostri padri,
delle nostre madri, della gente costretta ad emigrare con il cuore colmo di
rabbia e di odio contro i politici e la mafia, e di altri milioni di siciliani
come loro, anche loro sono eroi.
Sono eroi silenziosi che hanno vissuto
da uomini liberi e onesti, fondando la loro libertà sul loro sudore, sui loro
sacrifici e sul loro lavoro, di fronte ai quali mi sento molto molto piccolo, e di fronte ai quali dobbiamo dire il nostro unico e solo "baciamo le mani".
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