martedì 25 aprile 2017

Ogni giorno è il 25 aprile.

A guardare questa foto tremano i polsi.
Donne fiere, libere, decise, partigiane. Donne vere. Quanto mi piacerebbe averne conosciuta una.

Quando penso al 25 Aprile, la mia mente corre immediatamente ai partigiani di ogni colore politico, il mio pensiero va alle centinaia di persone civili innocenti che sono state trucidate dai nazifascisti per vendetta, va alle centinaia di persone che si sono sacrificate per la libertà di tutti, va a chi non si è mai preso la tessera del partito fascista, va agli intellettuali coraggiosi che hanno supportato le battaglie di libertà, va a tutti coloro che hanno contribuito in modo determinante, anche a costo della propria vita, a fare dell’Italia una Repubblica libera e democratica.

lunedì 24 aprile 2017

Parole al vento e il n'uovo che (basta e) avanza

Viviamo in un Paese nel quale alcune parole vengono abusate e hanno perso il loro significato originale. Questo accade nel linguaggio comune e succede troppo spesso nella propaganda politica. Prendiamo le parole riforma, cambiamento, nuovo.
A queste parole si è ormai attribuito un valore positivo a prescindere dai contenuti che veicolano.
In realtà la storia passata e recente dimostra che bisogna guardare al contenuto e non alle parole.
Per spiegare quanto detto userò il personaggio di Mussolini, non me ne vogliano i nostalgici del Duce e anche se fosse, diciamo che "me ne frego", un pò come amavano dire i fascisti.

giovedì 13 aprile 2017

La frittata di Giufà

Risultati immagini per giufà



Grandi manovre notturne e altro.
sottotitolo “minchia bollito”

In quel dell’aiuola purcata, nel pieno della scura nottata,
s’adunaron li alti generali della Brancaleone armata.

Furon li verginelli appena nati ad invocar all’adunata
‘na pletora di politicanti novi come ‘na prostituta illibata.

Menti esperte, abili marcamprisi e santi freschi di giornata,
tutti s’acconciarono a tesser la tela per la veniente elettoral tornata.

Dinanzi alla tavola imbandita c’eran quasi tutti li maggiorenti,
pronti a seppellir la spada e tirar fuori li denti.

Sguardo illuminato, petto fiero e durlindana in mano,
li generali principiarono a discuter del ben del popolo sovrano.

Al general De Cucuzzunis l’ardito compito de illustrar a li convenuti,
li giusti modi e li strumenti adatti a sbaragliar li nemici forti e bruti .

“Alta è la posta in gioco”, asserì subito appresso l’omin de legge,
“di perder rischiamo le poltrone e forse fin’anco le “segge”.

“Disposto sono a dimenticar le vostre malefatte e le angherie subite,
se in cambio mi darete pasta, carne e insalate ben condite”

Quel qui di sopra, fu lo ragionar del signor Portento, 
omo da sempre avvezzo a cambiar casacca ad ogni girar di vento.

Anche il buon generale Panzamolla, dopo attento pensare,
il suo concetto a li gentilissimi riuniti volle offrire.

“Anche se la coperta è lacera e fin troppo corta
io con forza reclamo la giusta mia fetta di torta.”

“Più di nessun sarò l’accompagnatore”, tuono poi dal suo sgabello,
il piccolo e simpatico signor Chiodoamartello”

“Ci sono anch’io, di me dovete ricordarvi” fu l’erudito dire del dottor Tarantella,
che paura avea di perder l’ormai più che ventennale pubblica parcella.

“Non fantasticate de pigliarci per beduini”,
ammonì lo primo rappresentante de li teneri pisellini.    

“Per un lustro intiero siamo stati a dormire
ma ora lu nostro paese vogliamo salvare.”

Li non poteva mancare lu civico Vermimoddu, sempre pronto ad afferrare,
qualche pezzo di pagnotta dai commensali lasciata cadere.

Insomma amici miei, incontro ad alto livello quella sera si tenne,
per ragionar su come non lasciare lu paese in panne.

In mezzo a tutto questo gran discutere e ciarlare,
il general De Cucuzzuinis non sapea che pesci acchiappare.

Troppo aggrovigliata e torbida gli parea d’esser la matassa,
senza contar che pur’esso bramava qualcosa da mettere dentro la sua cassa.

Alla fine della serata, quando perso tutto sembrava,
la gran trovata uno di loro sparava.

Signori miei: disse lu forti e spregiudicato sottotente Camaleonte,
"di quel che ho testè udito non mi interessa niente.

Anni fa per fare il sindaco a turno mi son messo,
e oggi nessuno mi farà passar per fesso”

Di fronte a ‘sta battuta tanto seria e tanto arguta
l’allegra compagnia si fece muta.

Allor tutti capirono che l’ora era arrivata
di prender venti uova e far la solita frittata.

L'amico cu la coppola storta  senza parola proferire
a tutti fece capire che era arrivata l'ora di andare.

“Se tutto va bene, pensaron tutti uscendo sotto il cielo bruno,
per i prossimi cinque anni la poltroncina non ce la leva nessuno”.

Solo il nostrano Edipo, testa in basso e fronte corrugata,
tra se ponderava che la cosa non potea così esser finita.

Tanto successe quella nottata, alla faccia di li ciminnisi,
c’ancora pensanu e cririnu a lu beni di lu paisi.

Tutto ciò per onor di cronanca mi sento di narrare
a li paesani mei che alla finestra stanno a guardare.

Cu la mira ri fari fari na risata,
puru a cu appi na mala iurnata.

Ora, son certo che voi vi starete chiedendo,
perché di queste cose scrivo sfottendo.

Io vi rispondo e dico amici miei e compagnia bella,
provate allora voi a ragionar di questi perfetti Puliscinella.