sabato 4 maggio 2013

Roccamalata: Ponzio Pilato e "chiddi chi sa toccanu ca cammisa"



In Sicilia c’è un detto,anzi più che un detto è un modo di dire, che ogni tanto un mio amico durante le sue infinite e talvolta inconcludenti dissertazioni sulla vita sociale e politica di Ciminna, intercalava nel suo discorrere per indicare un certo tipo di personaggio.
Lui, persona colta e contorta, usava questo detto a mo di definitiva e inappellabile sentenza per indicare una certa tipologia di cittadini il cui operato è poco utile alla società (anzi dannoso) e molto utile a loro stessi.
Questo modo di dire, anche se leggermente volgare, a me piaceva molto perchè in due parole indicava con precisione chirurgica una tipologia di persone molto diffusa nelle terre di Sicilia.
Questo modo di motteggiare  è, a mio avviso, rintracciabile  solo nella lingua siciliana, attraverso la quale con durezza, essenzialità e stringatezza è possibile dirigere il concetto con la precisione di un’arma da fuoco nel cuore della questione affrontata.
Devo dire che, quando questo mio amico intercalava questo detto fra i suoi sproloqui, mi faceva anche fare qualche segreta risata, perché secondo me lui rappresentava e rappresenta l’emblema, l’apoteosi e la sublimazione stessa della tipologia di gente che con il suo detto voleva screditare e forse anche offendere.

Il detto di cui parlo è: “chiddu è unu chi sa tocca ca cammisa”. FANTASTICO. In due parole il ritratto spaccato e preciso di una certa categoria umana da me sempre con grande vigore disprezzata.
Certo l’amico mio oggi non più giovanissimo, in gioventù si era esposto (si fa per dire), ma dopo avere ottenuto il ciuccio economico (u pustisceddu o comuni) ricercato e ampiamente elemosinato ai potentati politico/mafiosi dell’epoca, si è ritirato in uno sgabuzzino 4x4, provando a cucirsi addosso l’abito dell’eminenza colta e grigia, a mio modesto parere con altrettanto grigiore umano e grigio successo. Riuscendo nella mirabile impresa di seppellire il suo vivo intelletto continuando a tuccarisilla ca cammisa e illudendosi non so di che.
Ma torniamo al detto, diciamo che provando a rappresentare il detto fisicamente e alla lettera, l’immagine che ne viene fuori è quella di un signore che dovendo fare pipì e schifandosi tanto delle cose che possono non essere totalmente igieniche e al suo livello, dovendo dirigere il gettito verso il centro del vaso, per non sporcarsi le mani si afferra  il  pisello (chiamiamolo così) non a mani nude, ma utilizzando la sua stessa camicia.
Il detto descrive uno che tanto si schifa degli altri e dei normali meccanismi di relazione sociale, che arriva a schifarsi anche di se stesso senza rendersene conto.
Il cittadino “chi sa tocca ca cammisa” è uno che non si mescola, che è depositario della verità assoluta, che non si espone, che non si esprime, che non manifesta il suo pensiero anche quando gli converrebbe farlo.
Lui non parla dei problemi comuni del volgo, anche quando questi problemi appartengono e interessano anche lui, perché lui si ascrive, sua sponte, alla categoria dei socialmente superiori.
Lui se ha un problema lo risolve con la fattiva collaborazione dei suoi superiori che lui (ovviamente) considera pari a se stesso.
Quindi quello che è del volgo non gli appartiene e lui campa nell’illusione che anche gli altri lo percepiscono in alto.
Lui cerca di frequente il contatto visibile e riconoscibile con chi ha un po’ di illusorio e passeggero potere,  e non fa distinzione tra potere  riconosciuto legalmente e potere frutto di pratiche illegali.
Lui si schifa del volgo, e considerandosi  di razza superiore, solo con i superiori si apre e si lascia andare, ove il suo lasciarsi andare è fondamentalmente l’usare le papille gustative dell’allenata lingua per osannare qualsiasi fesseria esce dalla intelligente bocca del potente (a suo giudizio) con il quale si sta accompagnando.
Lui ha poche chances di mettere in moto quei pochi neuroni che vagano senza meta nell’enorme vuoto del suo cranio che nel frattempo hanno smarrito la prerogativa della loro funzione.

In Sicilia questa categoria di persone è ben rappresentata e quindi (purtroppo) Ciminna non fa eccezione.
Tuttavia ci sono dei segnali che fanno pensare che questa categoria di persone va perdendo consistenza numerica anche a Ciminna.
Cresce la consapevolezza del valore della cittadinanza attiva, cresce la consapevolezza che le cose vanno affrontate e risolte nel rispetto delle regole, che ciascuno ci deve mettere la faccia o l’azione, e che ciascuno di noi ha il diritto di battere i pugni sul tavolo, ha il diritto di fare sentire la propria voce ed essere ascoltato non per generosità dei graziosi sedicenti potenti, ma per il semplice fatto di essere cittadino di una Repubblica democratica.
Cresce la consapevolezza che non possono esistere caste di potenti con accoliti e lecchini al seguito, che usurpano e sfruttano il sistema senza dare contezza del loro operato ai cittadini e alla gente.
Cresce la consapevolezza che il sistema si regge con il contributo di tutti, con l’attivismo di tutti e soprattutto con i soldi di tutti, e quindi la gente esige risposte alle proprie esigenze e alle proprie richieste.
Cresce la consapevolezza che una società progredisce se affonda le sue radici nelle regole e nel merito, una società cresce e diventa sul serio europea quando non lascia spazio per i parassiti mafiosi, per i parassiti sociali, ne tantomeno per i parassiti politici e di sistema.

Quello che è successo di recente a Ciminna a proposito del campo di calcetto, va inquadrato nella prospettiva di questo cambiamento di sensibilità soprattutto in quei giovani ciminnesi che non ci stanno.
Quando mi hanno raccontato che alcuni giovani a Ciminna avevano organizzato questa democratica, pacifica e provocatoria dimostrazione di dissenso per attirare l'attenzione su questa questione, non volevo crederci.
Poi ho visto le foto e ho esclamato: questo  è stato UN CAPOLAVORO di partecipazione democratica.
Tutti sappiamo che questa amministrazione ha portato le imposte e le tariffe locali alle stelle e forse anche questi giovani si chiedono: in cambio di cosa? Dov’è sono i nostri soldi?
I ragazzi vedono il nulla che si muove attorno a loro, vedono un campetto di calcetto ridotto ad una discarica sporca e anche pericolosa per l’incolumità di chi, non avendo dove andare per passare un po’ di tempo, entra e gioca.
Gli amministratori cosa hanno fatto per questi ragazzi e per questo campetto? NULLA!
Questo è solo un esempio del nulla di un amministrazione autoreferenziale e di una macchina comunale dove i dirigenti vengono ampiamente  premiati economicamente ogni anno per avere raggiunto tutti gli obiettivi e gli amministratori si prendono lo stipendio ogni santo.mese.
Questo è solo un piccolo esempio dell’atteggiamento scorretto dell’amministrazione comunale in questa come in altre  vicende. Nel caso specifico a distanza di un anno dal suo insediamento l'amministrazione collaborata dai suoi pluripremiati dirigenti ha solo saputo emanare un’ordinanza che ha dichiarato il campetto inagibile lavandosene le mani definitivamente come un novello Ponzio Pilato.
Una amministrazione fuori dal tempo come altre centinaia in Sicilia, che vivono dei complimenti pelosi dei lecchini e dell’apprezzamento ebete di “chiddi chi sa toccanu ca cammisa”.

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