venerdì 31 maggio 2013

Il Candido di Sciascia: un bel romanzo per un fine settimana.

«Hai ragione, è vero: qui si sente che qualcosa sta per finire, ed è bello …Da noi [in Sicilia] non finisce niente, non finisce mai niente….»  conferma, camminando per le vie di Parigi, Don Antonio.


Divertente romanzo di Sciascia, ispirato al più famoso Candido di Voltaire e pubblicato da Einaudi nel 1977, narra le vicende e la formazione di Candido Munafò, nato in Sicilia sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, abbandonato in tenera età dalla madre Maria Grazia, che gli preferisce la compagnia del nuovo marito americano, Hamlet, ufficiale delle truppe alleate, chiamato dalla consorte confidenzialmente e comicamente Amleto.
Il bambino rimane inoltre presto orfano di padre, il ricco e rispettato avvocato Francesco Maria Munafò, che finisce col suicidarsi quando il figlio rivela ad un compagnuccio di scuola il segreto su un cliente, responsabile di un delitto di mafia .
Candido passa allora sotto la tutela del nonno materno, il generale Arturo Cressi, che, nelle migliori tradizioni italiche di opportunismo voltagabbana, dopo essere stato fascista convinto, si fa eleggere deputato nelle file della Democrazia Cristiana, tanto è la stessa cosa.
Il generale, messo a disagio dall'innocenza e dall'impertinenza di Candido, lo assegna alle cure della governante Concetta, una donna molto semplice, mentre l'educazione spirituale viene affidata a don Antonio, un prete moderno che non rinuncia mai a pensare con la propria testa a dispetto di qualsivoglia gerarchia.
Seguono una serie di vicissitudini, dove l'integrità morale e l'amore di verità del prete e di Candido li porteranno a scontrarsi con il generale, la Chiesa, il Partito Comunista, i parenti, i giudici. Il prete si spreterà e Candido verrà interdetto, perdendo tutti i suoi beni.
Alla fine, tuttavia, la virtù trionfa e ritroviamo i due protagonisti a Parigi, con Candido che conoscerà l'amore duraturo con l'intelligente e vivace cugina Francesca.
Il libro rappresenta la tagliente satira di Sciascia sull'Italia del nostro tempo, piena di tartufi, arrivisti, mistificatori, conformisti, ipocriti, affaristi e finti rivoluzionari e nemica acerrima della verità.
Non si salvano nemmeno la scuola ("La scuola, in cui benissimo era andato riguardo a promozioni e a voti, in effetti gli era servita per leggere tutti quei libri che niente avevano a che fare con la scuola e molto con la vita") e la scienza, quella della psiche almeno: la psicanalisi con cui don Antonio cerca di inquadrare il suo allievo si rivelerà una cabala troppo schematica; lo psichiatra "socialdemocratico" finirà col cedere alle pressioni dei parenti dichiarando Candido pazzo.

Non si salva il popolo.
Sciascia mette in evidenza come manchi in Italia una classe dirigente consapevole delle proprie responsabilità e colta ("... qualche libro lo leggeva; a differenza del marito che non uno ne aveva mai letto se non per ragioni di scuola e di professione. Come poi entrambi avessero attraversato ginnasio, liceo e università senza mai sentire parlare di Voltaire e di Candido, non è da stupirsene: capita ancora").
Tra le righe si avverte che molto di quanto è scritto trae origine dalle esperienze biografiche dell'autore, in special modo le pagine che si soffermano ad analizzare la vita politica del nostro Paese. La vena polemica dello scrittore siciliano è stemperata dal sorriso ironico e divertito di chi conosce bene le miserie e meschinità del mondo (italiano e siciliano in particolare) e si fa forte della sola arma a disposizione, rappresentata dal lumicino della ragione.
 (da interruzioni .com)

Nessun commento:

Posta un commento