domenica 7 dicembre 2014

Lo zero: riflessioni semiserie di una uggiosa domenica pomeriggio.



Lo zero è un concetto astratto complicatissimo.
Lo zero vale zero, cioè niente e allora se è niente significa che non esiste e se non esiste allora perchè hanno inventato una parola che lo indica e un simbolo che lo identifica nel mondo dei numeri?
Lui, lo zero, numero fra i numeri pur essendo il niente, pur essendo nulla.
Lui, lo zero, che vale zero sta con i numeri, sta con chi vale e  ha valore, che esprime quantità, lui che con i numeri proprio non potrebbe stare, invece lo trovi sempre fra i piedi e spesso si da anche delle arie. 
Ma gli arabi, non ne hanno voluto sapere, prima lo hanno inventato e poi ci hanno detto che doveva stare con i numeri.
Lui, lo zero, è un "non tipo" stravagante, è la negazione concettuale del numero, il fatto che sia chiamato numero è molto più di un ossimoro, il numero è ben altro che uno zero, lui (il numero) è di per se qualcosa che indica quantità, cosa concreta che si tocca, si vede, si mangia , si scambia, si presta etc etc.
Ci siamo mai chiesti cosa passa nella mente di un bambino di sei anni, con facoltà astrattive ancora limitatissime se non nulle, quando gli proponiamo di capire cosa è lo zero?
Ci siamo mai resi conto di cosa stiamo chiedendo al bambino in quel momento?
Il bambino se potesse ci direbbe che gli stiamo dicendo cavolate che a lui non gliene frega niente di dare il nome e disegnare qualcosa che sta nella matematica, il mondo dove tutto "conta", dove tutto "si conta".
E allora ci siamo inventati diversi metodi, diverse strategie per far digerire l'amaro calice allo sfortunato discente.
Ci siamo inventati, ad esempio, l'insieme vuoto (molto usato), in contrapposizione all'insieme con alcuni elementi dentro, per far comprendere che lo zero vale niente; va bene così?Ma che minchiata è l'insieme vuoto, insieme significa tenersi compagnia, stare nello stesso posto, mettere qualcosa in qualcosa, e allora che cosa assurda è l'insieme vuoto? Ma dai!!!
Lo zero propone al bambino un contrasto concettuale fortissimo quando ancora il bambino non concetualizza, non "metacogne" (passatemi l'inelegante neologismo)
Il concetto di zero contrasta con la capacità innata e naturale del bambino di riconoscere, identificare e interpretare nel mondo la numerosità che lo circonda.
Ci vuole tempo, sudore e fatica per far capire al bambino che lo zero in matematica esiste in quanto "non/quantità".
Ad un certo punto il bambino però capisce che se io gli dico: "dammi zero matite", significa che non deve darmi niente, e soprattutto capisce la differenza che sta tra il non darmi niente e il darmi zero matite. A quel punto il bambino ha capito la differenza tra zero e niente. Quando questo concetto è passato, allora abbiamo sconfitto lo zero. Abbiamo vinto la battaglia del far comprendere che anche il nulla è qualcosa. 
Quando il bambino ha saputo interiorizzare questa conoscenza e l'ha fatta diventare competenza, l'ha fatta diventare parte del suo "patrimonio cerebrale", perchè i concetti matematici, al pari delle lingue modificano e modellano la nostra materia grigia, allora noi abbiamo avuto successo.
Abbiamo non indicando il noi insegnanti, bensi il noi come accoppiata docente/discente.
La parola, la frase il verbo che dice una cosa che però deve essere interpretata come il suo esatto contrario. Il bambino quando fa questo ha vinto una battaglia: finalmente ASTRAE:
Ma subito dopo inizia l'altra sfida.
Quando tutto sembra chiaro semplice, quando finalmente il bambino capisce e fra se e se dice: "cavolo che minchiata, mi sembrava più difficile"
A quel punto, dopo qualche giorno dalla meritata vittoria, a sorpresa succede quello che il bambino non si poteva mai aspettare: arriva uno zero nuovo, diverso.
Uno zero che pur chiamandosi sempre zero (come suo cugino), pur essendo sempre una sorta di piccolo uovo (come suo fratello), è diverso è altra cosa.
Lui arriva spesso, naturalmente senza materializzarsi, senza farsi vedere (come al solito) portato e generato da un diabolico marchingegno che il maestro chiama "abaco".
Uno strumento difettoso, con alcune asticelle sulle quali  appena ci vuoi infilzare più di 9 palline ti crolla tutto e allora devi sostituire tutte le palline che volevi infilzare con una pallina di diverso colore, che però devi mettere nell'asticella accanto, e quando tutti chiediamo perchè, allora il maestro ci dice che nella prima asticella restano zero palline. "Certo - dicono i bambini - le hai tolte tutte tu caro maestro, ma chi li capisce i grandi". "Ma no non è così dice - il maestro - anzi deve essere per forza così, perchè questo giochetto serve a far nascere lo zero nuovo".
Lui, lo zero nuovo, è lo zero che  pur valendo ancora niente e nulla (cosi dice il maestro), pur essendo scritto con lo stesso simbolo, pur pronunciandosi con la stessa parola/suono, ha il potere magico di far diventare l'uno/pallina che viene prima di lui qualcosa di diverso.
Lui lo zero nuovo, non vale niente ma è magico, tutto quello che metti prima di lui, cambia valore.
Se prima dello zero nuovo ci metti il numero uno, quell'uno lì, seguito dal magico zero non vale più una caramella ma bensì dieci caramelle.
Allora un bambino penserà: "cavolo questo zero è una forza", ma forse il suo compagno di banco penserà: "cavolo questa specie di uovo che chiamano zero, ha proprio rotto i "co...ni".
E le sorprese della magia dello zero nella matematica non finiscono lì, perchè lui, lo zero nuovo, quello magico, è un "non tipo" generoso e la stessa magia l'ha trasferita a tutti i suoi "non colleghi" o meglio a tutte le sue "non colleghe": le cifre naturali, facendoli diventare a sua volta magici. Li trasforma da numeri in cifre complicando molto, ma molto le cose.
Ed è per questo che secondo me, nonostante tutta la sua magia lo zero resta un "non tipo" poco simpatico ai bambini.
Lo dico a ragion veduta e allo scopo voglio concludere riportando una battuta di un bambino di prima elementare di qualche anno fa, il quale indicando con indice dritto e deciso uno enorme zero che io avevo scritto alla lavagna, esclamò : è inutile che ti fai grosso, grosso, perchè tanto non esisti", e secondo me glielo ha detto per offenderlo.

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