domenica 10 febbraio 2013

La scuola che vogliamo.


Noi operatori della scuola vogliamo avere voce in capitolo anche noi nella discussione sulla riforma della scuola, visto che la scuola, fino a prova contraria, la portiamo avanti noi.
Non vogliamo che ogni volta che vince una coalizione di colore diverso, la scuola si deve rivoltare come un calzino. A furia di girandole e di trottole, la scuola sta andando sottosopra e gli operatori scolastici sono disorientati.
Come dicono adesso tutti i partiti prima delle lezioni, vogliamo che si diano più soldi alla scuola. Ci aspettiamo che la spesa per l'istruzione in Italia sia pari alla media europea e non sotto, come ora avviene, visto che ci dicono sempre che ci dobbiamo adeguare all'Europa.

Non vogliamo altri tagli alla scuola pubblica,statale intendiamo. I tagli ci stanno costringendo a non avere da parte degli enti locali la manutenzione delle scuole, ad avere classi pollaio, a non avere abbastanza bidelli, a non avere il necessario per far far funzionare gli istituti (carta igienica, materiale di pulizia,fotocopie e fogli e cartucce per stampanti;tra poco mancheranno anche banchi e sedie per far sedere gli alunni).

Non vogliamo la scuola avveniristica sognata dal ministro Profumo (iscrizioni on line, registri on line, pagelle on line), quando mancano i computer per ogni aula, quando il Ministero ci taglia le connessioni Internet, quando la popolazione, specie nei quartieri a rischio di disagio sociale e di povertà, non è alfabetizzata a livello digitale.
Vogliamo una scuola pubblica che sia messa in condizione di poter funzionare, che risponda ai requisiti di sicurezza come previsto dal Dlgs 81/2008, che possa svolgere in tranquillità e serenità il proprio lavoro umile ma prezioso di educazione e di insegnamento,senza condizionamenti politici, senza smanie di protagonismo del ministro della Pubblica Istruzione in carica, senza sconvolgimenti
e terremoti continui.
Non vogliamo che i finanziamenti, data la scarsità delle risorse, siano dati alle scuole private che non ne hanno diritto, come recita l'articolo 33 della Costituzione:
"Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato."
Non vogliamo che la valutazione degli apprendimenti sia legata al funzionamento delle scuole, danneggiando così le scuole che stanno nei territori a rischio di criminalità e di devianza sociale, che hanno invece, al contrario, più bisogno di risorse.
Vogliamo un organico funzionale attribuito alle scuole con stabilità per tre anni.
Vogliamo un'autonomia delle scuole che sia reale e non fittizia, come è adesso: l'autonomia prima di tutto deve essere finanziaria. Dateci la possibilità di gestire con responsabilità i soldi che ci date, senza vincoli di sorta. Fidatevi dei presidi, del personale ATA, degli insegnanti, dei genitori che sono nel Consiglio d'Istituto, i quali sanno amministrare con onestà ed oculatezza i fondi assegnati, più dei politici, visto i tanti scandali che si sentono.
Non vogliamo i privati nel governo della scuola. Le sponsorizzazioni dei privati alle scuole ben vengano (i soldi!), ma non toccateci la libertà didattica che è la nostra peculiarità, garantita dalla Costituzione: "L''arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"(art. 33).
Vogliamo una vera autonomia didattica, con curricoli più flessibili, e ciò è possibile solo con l'organico funzionale. Così potrà esserci ricerca didattica e formazione in situazione.
Non vogliamo, per carità, i corsi di aggiornamento svolti dai cosiddetti esperti esterni, che non servono a niente.
Vogliamo valorizzare gli insegnanti, pagandoli meglio tutti, riconoscendo la loro professionalità, il loro lavoro prezioso ai fini della crescita civile e culturale del Paese.
Non vogliamo il Preside elettivo, ma nemmeno il Preside manager che deve essere bravo a fare le nozze con i fichi secchi ,con le poche risorse che a disposizione, facendo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, e invece si trova con la dura realtà della moltiplicazione delle scuole da gestire, a parità di stipendio.
Vogliamo la soppressione della famigerata legge 111/2011 sul dimensionamento scolastico, che raggruppa le scuole in maniera pletorica e scriteriata, sopprimendo per sempre la figura del preside leader educativo e facendolo diventare un burocrate qualsiasi.
Vogliamo aprire le scuole anche nel pomeriggio, ma se non ci concedete il tempo pieno o prolungato, se ci tagliate il fondo d'Istituto, non possiamo farlo.
Vogliamo di nuovo le compresenze e i moduli alle elementari, modello pedagogico di successo, che è stato demolito dai politici che hanno l'abilità di distruggere tutto ciò che funziona.
Non vogliamo altri tagli di cattedra, con la scusa che l'Europa vuole che i nostri giovani si diplomino a 18 anni. Non vogliamo che si tagli l'ultimo anno delle superiori o un anno della scuola di base. Si può cominciare le elementari a 5 anni. Non capiamo perché così si distrugge la scuola, come ha detto qualcuno, semmai si danneggiano le scuole private, ma non ci deve essere la libera e pari concorrenza, come prevede sempre la Costituzione (art.33)?
Non vogliamo l'abolizione del titolo legale degli studi, ma maggiore serietà negli studi, con la possibilità di poter sviluppare, sempre con l'organico funzionale, attività di recupero e di compensazione, di modo che -come recita l'art. 3 della Costituzione:
" E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
E potrei continuare su questo gioco del vogliamo e non vogliamo di montaliana memoria. In compenso, rispetto a Montale, sappiamo ciò che non vogliamo ma anche ciò che vogliamo. Abbiamo le idee chiare e le sappiamo esprimere, sempre che ci facciano parlare e ci ascoltino una volta tanto. Ma concludo così: non vogliamo un Ministro della Pubblica Istruzione che sia a digiuno di scuola, vogliamo perlomeno che abbia dei consiglieri che siano all'altezza del compito.
La scuola pubblica, messa in grado di funzionare, costituisce un'occasione di crescita per il Paese, insieme alla ricerca e alla cultura. Un paese che non vuole crescere uccide la scuola pubblica, come già ci ammoniva Piero Calamandrei nel 1950 
Eugenio Tipaldi, Dirigente scolastico -

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