Viviamo in un epoca veloce nella
quale quello che è attualità adesso diventerà obsoleto e vecchio fra un paio
d’ore.
Quello che succede a New York
rimbalza a Ciminna nel giro di un secondo, quello che viene detto a Londra
viene commentato a Palermo nel giro di un nanosecondo, tutto si rincorre senza
sosta, tutto cambia e muta in tempo reale, in una dimensione spazio-temporale
che ha annullato quegli spazi di riflessione e di assimilazione ponderata dei
cambiamenti indispensabili a filtrare il giusto dallo sbagliato il bello dal brutto,
il cattivo dal buono, l'inutile dal necessario.
L’onda della vita ci trascina da
una notizia all’altra, da un posto all’altro, da una certezza all’altra senza
darci il tempo di pensare, di riflettere, di discutere in una sola parola: non abbiamo più il tempo per
capire.
L’essere umano naturalmente, com’è
sempre successo, non è in grado di opporre nessuna resistenza a quello che egli
stesso crea e determina, non in quanto singolo ma in quanto umanità, in quanto
massa.
Pare che quando l’individuo agisce da solo è capace di generare il bello
e il giusto, mentre quando agisce e decide in massa sia capace solo di arrecare
danno alla propria specie e al luogo che lo ospita: cioè il pianeta. Le masse credono di decidere e di contare, in realtà non è mai stato così e non è così nemmeno oggi.
Orde di opinionisti e di saggi si
affacciano ogni giorno da uno schermo e ci rovesciano addosso le loro
verità spesso pelose e partigiane, verità
che noi siamo costretti ad assorbire in
maniera a volte complice e a volte vittima.
Giornali e giornalisti,
presentatori e veline formano e generano le opinioni dominanti che guidano
i nostri acquisti, i nostri atteggiamenti, le nostre scelte politiche, le nostre convinzioni sociali e a volte anche quelle religiose.
Il fatto che noi siamo vittime o
complici di chi conduce il gioco è ininfluente rispetto al risultato finale perché
ciascuno di noi e parte del gioco, siamo comunque parte attiva e meccanismo del
complesso sistema che stabilisce quello che è giusto e quello che è sbagliato.
Nel frattempo è arrivato
internet, sono arrivati i social network, la democrazia partecipata le scelte dal basso, e tutti abbiamo la
sensazione che le cose siano cambiate o stanno cambiando.
Ognuno di noi, che è entrato in
questo mondo di partecipazione sociale virtuale, è convinto che le cose stanno
cambiando anche per merito suo.
Il semplice fatto di stare davanti
ad un pc, a commentare un articolo di giornale o a partecipare ad un sondaggio, o ad esprimere
le proprie opinioni su qualcosa, ci fa credere di essere protagonista di un mondo che cambia e
artefice assieme a tanti altri cittadini virtuali dei cambiamenti che ci pare
di vedere in atto o di intravedere all’orizzonte.
Senza volere sminuire di un nulla il valore della rete, anzi io sono fra quelli che la ritengono uno strumento potente di partecipazione e di confronto oltre che risorsa di arricchimento formativo e di contaminazione culturale; partendo dall'assunto che la rete sta cambiando le nostre vite, dovremmo porci qualche interrogativo: siamo convinti sul serio di partecipare a questo cambiamento in maniera consapevole? Questo cambiamento va nella
direzione giusta?
Se pur personalmente (mi ripeto) ritengo che
la rete e le possibilità che essa offre, rappresentino una rivoluzione positiva
in termini di comunicazione, commercio, circolazione di notizie e di idee
sburocratizzazione e di crescita culturale, ho delle forti riserve circa il fatto
che la rete stia dando un contributo positivo determinante circa l’affermazione
di opinioni dominanti migliorative delle condizioni dell’umanità e del nostro pianeta
rispetto al passato.
Analizziamo brevemente tre
aspetti principali del nostro vivere: ambiente, guerra e distribuzione della
ricchezza.
Non ho le competenze per fare delle
analisi storico-comparative di questi fenomeni, però posso affermare con certezza, che
nell’ultimo trentennio nell’opinione pubblica mondiale si è affermata una
sensibilità nuova e migliorata rispetto alle tre problematiche evidenziate, ma
è anche altrettanto innegabile che nulla è cambiato in concreto. Al cambiamento di sensibilità dei popoli rispetto a queste tre tematiche non è corrisposto un cambiamento concreto delle scelte dei potenti e quindi le cose vanno come sono sempre andate.
La rete se pur serve ad accellerare i cambiamenti d'opinione e migliorare le coscienze, appare tuttavia inefficace nel generare quei cambiamenti di rotta che
portano a scelte globali migliorative delle azioni politiche a favore
della’ambiente, della convivenza tra i popoli e ad una distribuzione equa della ricchezza globale.
Insomma la rete da un alto è
fonte di confronto e di scambio, di arricchimento democratico e partecipativo e di miglioramento delle sensibilità socio-ambientali,
dall’altro lato non riesce a contaminare le scelte dei potenti che continuano ad agire
avulsi dai contesti e dai bisogni dei popoli e del pianeta. Anzi mi viene da
dire che la rete genera tanto di positivo quanto di negativo anche nel campo delle scelte politiche.
L’affermazione precedente, che per molti è un ovvietà, per i cultori del purismo virtuale probabilmente non lo è. La rete per molti è vista come la via maestra verso la verità.
L’affermazione precedente, che per molti è un ovvietà, per i cultori del purismo virtuale probabilmente non lo è. La rete per molti è vista come la via maestra verso la verità.
Questo è un limite oggettivo e
pesante della rete, che rischia di trasformare quella che è un’immensa fonte di
opportunità di crescita culturale e di partecipazione democratica, in una sorta
di luogo dell’effimero etero guidato da chi ne ha studiato le potenzialità in
termini di formazione e di orientamento
delle coscienze e delle masse.
Insomma il rischio è che le potenzialità positive della rete vengano
usate dai soliti poteri e dai soliti potenti per farci credere che stiamo
partecipando al cambiamento, che tutto sta cambiando mentre tutto resta immutato
e immutabile.
A me pare, da frequentatore e da
user della rete, che sia arrivato il momento di cominciare ad
istituzionalizzare i luoghi virtuali, non tanto e non solo in termini
burocratici ma anche in luoghi di formazione delle scelte, delle leggi e delle
regole.
A questo proposito voglio lanciare un'idea agli attivisti 5 stelle in primis e a tutti i politici dopo.
A questo proposito voglio lanciare un'idea agli attivisti 5 stelle in primis e a tutti i politici dopo.
Si dibatte in questi giorni di
riformare il parlamento, di abolire il bicameralismo perfetto che è ormai un
retaggio di una cultura antifascista che non ha più ragione d’esistere, un
orpello antistorico che crea immobilismo e genera casta politica
autoreferenziale e privilegiata.
Io credo che forse si potrebbe
abolire il senato dei senatori e istituire il senato dei cittadini che agisca
con meccanismi virtuali.
Si può istituire il senato virtuale dei cittadini dove votare referendum, proposte di legge, pareri su chi deve occupare determinati incarichi istituzionali etc.
Si può istituire il senato virtuale dei cittadini dove votare referendum, proposte di legge, pareri su chi deve occupare determinati incarichi istituzionali etc.
Insomma un senato digitale che
possa essere il punto d’incontro in tempo reale delle esigenze tra cittadini ed
eletti.
Un luogo organizzato nel quale i
cittadini possano orientare le scelte
degli eletti, un luogo che accorci o annulli le distanze tra chi deve fare le
scelte e chi degli effetti delle scelte è il
destinatario finale.
Sono convinto che bisogna
assolutamente operare in questa direzione per evitare che la rete diventi il
luogo delle illusioni, il luogo nel quale crediamo di partecipare alle scelte,
il luogo inefficace della gratificazione digitale delle nostre esigenze di
cittadinanza attiva.
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