giovedì 27 settembre 2012

Schifani e Franz Kafka.

 “Gregorio Samsa, svegliandosi un mattino da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Giaceva sulla schiena, dura come una corazza e, sollevando un po' la testa, vide un addome arcuato, scuro, attraversato da numerose nervature. La coperta, in equilibrio sulla sua punta, minacciava di cadere da un momento all'altro; mentre le numerose zampe,pietosamente sottili rispetto alla sua mole, gli ondeggiavano confusamente davanti agli occhi
Inizia così il celeberrimo romanzo breve di Kafka; “La metamorfosi”.
Non vi nego che martedì sera, ascoltando il Presidente del Senato Renato Schifani, ospite della trasmissione televisiva Ballarò, che ci deliziava con i suoi discorsi sulla, NIENTEDIMENO, “moralità della politica” , ho pensato di assistere ad una riedizione vivente della metamorfosi Kafkiana in salsa italica.
Capite, martedì il semi vegliardo palermitano dissertava forbitamente e apparentemente convintamente, , sulla necessità di dare rigore morale e nettezza di comportamenti  alla politica provando anche ad ammantarsi di una improbabile parvenza di autorevolezza .
Vani sono stati i miei tentativi di darmi una spiegazione  di quello che le mie orecchie captavano.
Ho anche pensato che Ballarò avesse voluto fare uno scherzo all’illustrissimo palermitano, che comodamente poggia le sue chiappe privilegiate, sullo scranno più alto del Senato della Repubblica italiana, credevo infatti, che avessero mandato in onda un vecchio video di Schifani, mentre le risposte in diretta al gentile giornalista, venissero date in doppiaggio da un attore.
Affatto!
Niente di tutto ciò, martedì abbiamo assistito ad uno di quegli eventi dove la realtà supera la fantasia, abbiamo assistito alla metamorfosi del Senatore Schifani, che subendo una mutazione genetica, si è trasformato.
Oggi è un vecchio saggio che dispensa verità e saggezza politica, mentre prima è stato lo  strenuo difensore (capogruppo al Senato di Forza Italia) di innumerevoli leggi porcata, approvate dal parlamento italiano, per proteggere il  suo “dante causa”, (l’eccellentissimo cavaliere Berlusconi), dalla furia comunista e rossa dei Pm italiani, che avevano l’ardire di considerare il cavaliere un normale cittadino italiano.
Il nostro Schifani, in qualità di capogruppo, guidava all’epoca con piglio fiero e deciso il partito di maggioranza numericamente più importante, dell’asservito parlamento italico, superato per ignominia solo dall’attuale parlamento di nominati.
Chi di noi non ricorda le  mirabolanti acrobazie dialettiche dell’allora capogruppo della defunta consorteria politica denominata Forza Italia, messa su grazie all’ingegno di tanti e alla perizia e alle amicizie giuste, di un altro illustre siciliano: il collezionista Marcello Dell’Utri.
Acrobazie dialettiche degne dei migliori atleti circensi, talvolta così spericolate che alla fine lasciavano sfiniti i pochi che lo ascoltavano e che  nemmeno lui forse capiva.
Oggi il neo moralista,  Schifani è un altro uomo, è divenuto grazie alle virtù terapeutiche delle imminenti elezioni regionali e politiche, un uomo di stato, oserei dire uno statista.
Ma noi invece ricordiamo bene, che la defunta Forza Italia, sotto la sua sapiente guida ha dato il meglio di se, ha scritto pagine di  politica che i posteri non potranno dimenticare, approvando condoni a raffica, abolendo, quasi del tutto, il reato di falso in bilancio, approvando la legge Gasparri, e tutta un’infinita teoria di leggi ad personam ( si legge ad Berlusconem”) da far tremare i polsi.
Oggi che il Cavaliere è ormai arrivato al capolinea, che il PDL è un fantasma degno di chi l’ha visto, definitivamente corrotto e sconfitto dalla sua stessa natura, con più correnti di un millepiedi, guidato (si fa per dire) da una altro illustrissimo siciliano l’On. Alfano, il Nostro Presidente  tenta una riconversione, tenta la carta cosiddetta  dell’araba fenice, opera l’estremo tentativo per riciclarsi tenta di autonominarsi paladino della moralità della politica.
In questa Italia dove aleggia una lugubre atmosfera da fine impero, dove gli sciacalli cercano di accaparrarsi gli ultimi bocconi, dove ancora i maiali della politica si ubriacano accanto al cadavere della Nazione, dove i lavoratori si rinchiudono a centinaia di metri sottoterra, o si arrampicano sulle ciminiere dell’Ilva di Taranto  per difendere il diritto al lavoro e alla sopravvivenza, dove gli imprenditori si suicidano, mi sento di lanciare un appello.
Egregio Senatore abbia il buon senso di ritirarsi in buon ordine, lo sfacelo morale che il partito nel quale lei ha militato, ha arrecato alle istituzioni italiane e alla stessa società italiana, necessità di più di una generazione per essere lenito.
Abbia rispetto per la nostra intelligenza. Faccia come tutti i suoi predecessori, cito il Senatore Pera per tutti, metta su una fondazione politica (quella non si nega a nessuno) si goda la pensione e ci lasci tranquilli.
 


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