sabato 2 febbraio 2013

Come fu che a Roccamalata venne resuscitata la cultura.

Che splendido paese Roccamalata!
Avevano ragione quelli che andavano da anni predicando che il turismo era il futuro del paese.
I visitatori e i turisti, numerosissimi  sia nei giorni di festa che in quelli lavorativi, affollavano le strade del paesino, guardavando maravigliati con procedere lento e attento (alle buche delle strade) le bellezze architettoniche, camminavano con il naso all'insù, discorrendo fra loro e cercando una spiegazione all'insolito nonchè ingeneroso nome che fortemente strideva con quello che i loro occhi vedevano.
Qunado incontravano un rocchese spinti da genuina curiosità chiedevano, con il garbo dovuto, lumi sulle origini storiche del toponimo, pensando che forse quello sfortunato e offensivo nome fosse stato attribuito, chissà a ragione di qualche inconfessabile  vendetta, da qualche governante del passato che non aveva trovato fortuna in quelle fertili vallate baciate dal sole e dalla bellezza della natura.
I rocchesi sul fatto avevano ciascuno una propria versione, chi ne diceva una chi ne diceva un'altra ma fondamentalmente anche loro brancolavano nel buio, e allora quando venivano interpellati sulla questione, iniziavano con il tipico sorriso delle persone ospitali stampato sulla facciata, ma a poco a poco si scaldavano e  cominciavano a litigare fra loro animatamente per dare forza ciascuno alla propria versione.
Gridavano e gesticolavano, intercalando talora il loro argomentare con qualche doverosa bestemmia, per convincere sia i turisti che i compaesani con i quali avevano ingaggiato il duello verbale, che stavano parlando sul serio e che quella loro non poteva non essere la verità.
Quasi ogni volta le liti si facevano cosi aspre anche da trasbordare dalla domanda sulle origini del nome del paese ai fatti personali di ciascuno di loro.
In questi casi i rocchesi davano il meglio di se, come si suol dire si "leggevano la vita" l'un l'altro con gran stupore e divertimento dei turisti che avevano posto la domanda, i quali dopo un pò, se pur divertiti, abbandonavano la combriccola litigante per continuare il loro peregrinare affascinato tra le attrazioni del paese.
Tutti gli autorevolissimi storici presenti e operanti in paese, avevano perso giornate e nottate intere a studiare carte, atti notarili, reperti storici e meno storici per dipanare l'intrigata matassa con risultati delundenti, anzi quasi nulli.
Non vogliamo qui dare l'impressione che gli storici comunali, fossero poco capaci anzi tutt'altro, come dimostra la loro copiosa produzione bibliografica, fatta di splendidi testi scopiazzati con arte di qua e di là. Testi che poi venivano presentati sempre in pompa magna (previo avviso al popolo tramite "tammurinata"), dalle autorità locali e dalle medesime autorità pubblicate a spese della generosa comunità dei rocchesi, i quali quando si trattava di foraggiare benemerite imprese culturali mai avevano mosso critiche o proferito verba.
I rocchesi partecipavano a queste manifestazioni numerosi e sempre a bocca aperta, ascoltavano i vari illuminati sproloqui culturali del sindaco, dello storico di turno e infine dell'illustre ospite  regolarmente invitato e che era quasi sempre lo stesso (che spesso godeva di fama quasi provinciale). Seguiva il dibattito regolarmente silenzioso e senza domande, tanto erano stati chiari gli oratori che non avevano mai lasciato l'ombra del dubbio nelle menti pronte dei paesani. 
Comunque non voglio tediarvi  con le vicende legate al nome di Roccamalata, perchè ad un certo momento della sua storia, anche la cittadina che si vergognava del suo nome ebbe il suo gran momento.
Una fortunata serie di coincidenze favorite dalle  sagaci scelte dei rocchesi e dal favore degli astri,  fece si che per un lustro il paese fosse guidato dal meglio del meglio degli uomini di cultura che il paese potesse esprimere e supportato da altrettanti uomini e donne che mangiavano cultura e cacavano senno.
Tale situazione di grazia della cultura rocchese poteva cogliersi in mille maniere nelle variegate attività organizzate dalle varie benemerit associazioni locali. Ad esempio a capo dell'associazione Spro Loquius, era stato collocato, o vi si era collocato, un gentiluomo che in passato si era già distinto per il bene che aveva saputo fare agli altri, incurante del suo interesse peronale.
Il tale, infatti, nel passato era stato curatore della chiusura del "Comoncino  Ruspante", nell'ambito di questa operazione aveva distribuito ricche e morbide mafarde ai Rocchesi, e lui si era accontentato delle mollichine. Chi meglio di lui avrebbe potuto guidare la Spro Loquius?
Uno che in passato aveva fatto capire di che pasta era fatto non poteva essere lasciato  fuori dal nuovo ciclo di produzione di bene pubblico in cantiere nella comunità.
Dicevamo la cultura a Roccamalata si respirava nell'aria, infatti bisognava anche stare attenti a non  respirare troppo profondamente per non rimanere intossicati.
Validi studiosi sventolavano i loro curricula con lauree conseguite all'estero presso fantomatici istituti conosciuti da pochi privilegiati,  e venivano posti a capo di altre importanti e libere associazioni. Insomma il delirio della cultura.
Ma il miele del miele di quest'atmosfera si respirava negli ambienti felpati della casa comunale, che erano, in quei giorni, diventati luoghi così culturalmente raffinati da incutere timore ai semplici rocchesi che per disgrazia si avventurava in quelle stanze oramai fuori dalla loro portata culturale.
La sublimazione di quella condizione poteva poi essere vissuta da chiunque, infatti in quel periodo bastava andare ad assistere ad un consiglio comunale per capire il perchè di tanto splendore e di tanta attività culturale ed economica
Assistere ad un consiglio comunale significava rimanere estasiati dal dibattito tra le parti, sempre informato, competente e trasparente, senza parlare poi del ricco, forbito e coerente linguaggio del comandante in capo.
Ogni tanto capitava che qualcuno degli spettatori presenti veniva addirittura colpito dalla famosa sindrome di Stendhal nella sua poco conosciuta versione oratoria.
Il  parlare del comandante non solo era colto e sapiente, ma anche farcito di citazioni prese in prestito dai migliori pensatori di tutti i tempi, inoltre (cosa che non guasta) era anche pregnato dall'autorevolezza del personaggio.
Il capo annichiliva tutti con la sua favella, e con la profondità delle sue riflessioni sulle cose della comunità, ciascuna sua parola infatti era pesata, era una sassata di saggezza contro gli accaniti (ma non troppo) oppositori ed era considerata dai suoi collaboratori come oro colato.
Nessuno osava, o per meglio dire, nessuno pensava di osare di discutere le proposte che il capo snocciolava con facile eloquenza e con il suo linguaggio aulico e poetante.
E non era solo la bravura nell'arte oratoria e la validità delle cose proposte dal capo ad intrappolare ed ammaliare i presenti, ma anche il suo cantilenante accento tosco-emiliano che, accarezzando il sensibile udito della platea, rendeva dolci le parole e convincenti i contenuti.
Tantissimi sono gli accadimenti degni di nota avvenute sotto la sua sapiente guida, che se mi mettessi a narrarli tutti dovrei sciupare tanto di quell'olio per la lampada da non averne poi abbastanza per friggermi le uova o prepararmi quei gustosissimi filoni di "pani cunsatu", per i quali vado pazzo e ai quali, nonostante consapevole della meritoria opera che renderei al lettore del presente ma anche del futuro, non so e non intendo rinunciare.
Tuttavia mi pare qui cosa buona e mi spingo a dire doverosa, raccontare un fatto che ha rappresentato per quel tempo e per la storia tutta del paese una pietra miliare, una testata d'angolo.
Il fatto ovviamente potè avvennire per via della saggia guida del Cesare nostrano e del suo grande amore per la storia antica di Roccamalata.
Infatti fu durante la legazione del Cesare che  finalmente vide la luce un progetto atteso da diversi anni da tutti i rocchesi, evento che fece affermare a qualcuno, nella pubblica piazza cittadina, che finalmente il sole della cultura aveva ricominciato a brillare nel cielo di Roccamalata dopo cinque anni di oscurantismo.
Ma voglio anche rendere il lettore di altri comuni, che certamente si sta mangiando il fegato dall'invidia, edotto sul come Roccamalata aveva la fortuna di avere tale illuminata classe dirigente, capace di stillare oro anche dai sassi e cultura dalle sciaramite.
Il segreto stava tutto nel fatto che i rocchesi quando sceglievano i loro condottieri erano oculatissimi.
Il loro favore e il loro appoggio andava sempre a coloro i quali avevano dato lustro alla comunità, a gente che aveva un quadro chiaro del presente e uno sguardo consapevole verso le sfide future, gente che sempre si era resa protagonista di utili opere a favore di tutti, e soprattutto il favore dei rocchesi andava sempre a coloro che si erano fatti da soli.
Mai a Roccamalata sarebbe potuto succedere che a guidare le sorti del fortunato paese, potesse essere chiamato qualche leccapiedi che avesse pensato prima per lui e per i suoi strettissimi parenti, magari rinunciando ad un breve sogno a stelle e strisce per approdare obtorto collo, ad un più comodo sogno locale avveratosi per mano democristiana.
Mai a Roccamalata sarebbe potuto succedere che ad avere il consenso dei paesani, potesse essere qualcuno che avesse in passato usato la politica per inserire i propri parenti e i propri amici nelle benemerite associazioni ecologiche operanti sul territorio.
Mai a Roccamalata avrebbero potuto varcare la soglia della casa comunale, con in mano le chiavi del vincitore, personaggi che dovevano la loro fortuna a padrini di battesimo, di cresima o di  altra natura.
Sempre i rocchesi sceglievano chi aveva fatto fortuna solo con la forza del proprio ingegno senza l'aiuto di preti, di onorevoli, o di sacrestani: questo era il segreto.
Certo ogni tanto anche a Roccamalata qualche cantonata si era presa, ma al tempo del condottiero dai modi garbati, dal piglio decisionista e dal nome quasi profetico, infatti (come penso avete già capito) si chiamava Cesare Giulio, tutto andava per come doveva andare e non si poteva appizzare un ago da nessuna parte, l'agire del Cesare era giusto, coerente e lungimirante.
Si, lungimirante è proprio un termine adatto a Cesare.
Cesare sapeva guardare oltre le splendidi colline che circondavano Roccamalata, il suo sguardo arrivava lontano, almeno fino alla contrada Chiarotta, che sarebbe stata da li a poco teatro della realizzazione di una monumentale opera scultorea fatta di catrame e di cemento.
Opera che avrebbe dato ai rocchesi lustro culturale ed economico, forse non a tutti ma sicuramente a qualcuno si.

D'altronde si sa, ancora oggi i rocchesi sono persone con i piedi ben piantati per terra e le mani sempre protese in avanti e Cesare genuinamente era un alto interprete di questo sentire.
Ma torniamo alla vicenda che diede finalmente a Rocca quel che era di Rocca.
Da tempo il provvedimento aspettava di vedere la luce, e tutti se lo aspettavano da un momento all'altro, frementi come quando il futuro padre aspetta in sala d'attesa la notizia dell'avvenuto parto e conoscere finalmente il sesso del nascituro.
Un tentativo di farlo nascere era stato per la verità fatto negli anni precedenti, ma era stato soffocato nella culla da un paio di sprovveduti insensibili alle tematiche culturali, incapaci di capire quanto essa era importante per la comunità.
Sprovveduti che ovviamente avevano perso la stima di tutti i rocchesi e con la politica di Roccamalata avevano chiuso per sempre, anche perchè per bloccare quel tentativo di far nascere la tanto attesa iniziativa si erano rivolti alla legge. Capite addiritura alla legge. Quei due non avevano infatti capito che la gestione dei soldi versati con generosità dai rocchesi nelle casse comunali non aveva nulla a che fare con la legge, i soldi senz'altro appartenvano a tutti, ma  a gestirli doveva essere il capo di turno senza bisogno di rendere conto a nessuno e quando il capo era Cesare figuriamoci.
Di certo questo nobile atto amministrativo mai avrebbe visto la luce se i rocchesi avessero rieletto quei due sprovveduti che tanto violentemente vi si erano opposti, ma i rocchesi, che fessi non erano e non sono avevano lasciato quei due a casa a rimurginare sul loro imperdonabile errore.
Dicevamo mandati a casa i due oppositori del progetto la strada era spianata, e quella volta l'amministrazione di Cesare Giulio non si fece fregare, agi con perizia e soprattutto con una velocità mai vista.
La velocità con la quale Cesare ordino di operare purtroppo fu oggetto di critica da parte di alcuni "sfasciapagghiara", che si misero a sproloquiare nella pubblica piazza, facendo e facendosi un mare di domande tutte dettate dall'invidia e dall'ignoranza nera nella quale stavano affogando.
Questi sfasciapagghiara, ingenui, ma anche colpevoli di essere ignoranti come capre, sconoscevano infatti che la cultura di Roccamalata era da tempo affetta da un morbo che a poco a poco la stava divorando, e restavano appena tre giorni di tempo per salvarla, perchè al girar dell'anno tutto sarebbe stato compromesso e finito.
In una qualunque fredda mattina d'inverno, le condizioni di salute della cultura  rocchese precipitarono.
Il Cesare che come ogni mattina era andato a sincerarsi delle sue condizioni, con un occhiata si rese conto che erano molto preoccupanti,.
La cultura quella mattina respirava a fatica e aveva gia gli occhi rivolti al creatore, Cesare e il suo stilista di fiducia capirono che non c'era un secondo da perdere e che bisognava agire subito e con fermezza.
La morente cultura rocchese fu immediatamente trasportata in ambulanza nella casa comunale per subire un'intervento urgente e improcrastinabile.
Quel giorno purtroppo il primario culturale che tanto si era impegnato in quel progetto di salvezza, era stato chiamato a presiedere una conferenza sul tema: "Come essere sicuri che le galline hanno deposto tutte le uova senza sporcarsi il dito medio"(problematica molto sentita in quel tempo fra gli uomini colti delle comunità rurali), l'assenza del primario culturale poteva buttare nello sconforto chiunque ma non il Cesare ruspante.
Infatti la reazione del capo fu veloce ed efficace.
Il primario culturale fu sostitutito prestamente da un vice primario, che anche se non era del settore aveva assistito a tutti i seminari e le conferenze del primario culturale, e quindi era adatto allo scopo.
Il capo gli ordino di operare con velocità estrema, pena la morte della cultura rocchese.
Il vice primario collaborato da un paio di efficientissimi infermieri si mise all'opera. Nel breve volgere di poche ore fece alla cultura moribonda le analisi del sangue e dell'urina, le radiografie toraciche, un'attento controllo alle coronarie, ecografie varie, velocemente individuò la diagnosi ed emise la prognosi.
Quando tutti capirono che l'intervento era andato bene brindarono e avvisarono il primario della cultura, che preso dall'emozione fu visto piangere. Furono anche avvisati coloro i quali erano stati designati ad eseguire la prognosi che fecero alcuni timidi saltelli di gioia, loro non si lasciarono andare a scene di giubilo per non dare troppo nell'occhio, poichè qualcuno in paese aveva avanzato il sospetto che la scelta era ricaduta su di loro, perchè avevano aiutato il Cesare "quannu u sceccu era na muntata"
Ad ogni buon conto, erano bastate  poche ore per salvare la cultura del paese; la notizia della mirabolante impresa passo di bocca in bocca e fu quindi organizzata una doverosa esposizione.
La cultura sfolgorante di nuova luce fu offerta ai rocchesi gaudenti e plaudenti, quale ulteriore risorsa per lo sviluppo economico che gia marciava a passo spedito.
Si assistette allora a scene di di isterico giubilo genetico, ad apprezzamenti disinteressati e ad altre manifestazioni di felicità.
Cesare fu incoronato uomo della cultura da almeno sette o otto disinteressati rocchesi, (che ovviamente avevano le competenze per farlo) e addirittura una di loro si spinse a dire che finalmente a Roccamalata il medioevo era finito e adesso si poteva guardare al fututo con fiducia sotto la guida illuminata di Giulio, che tanta parte della sua vita aveva trascorso chino sui libri, sui testi classici e allo studio del pensiero umano da Aristotele fino al suo tempo e quindi sapeva cosa stava facendo.
Si dobbiamo ammettere che ci fu qualche voce fuori dal coro, in gergo si dice "qualche pisciata fora ru rinali", ma erano i soliti sfasciabbummari invidiosi che trovavano da ridire su tutto, che per fortuna i rocchesi intelligentemente avevano opportunamente messo in un angolo e avevano tempo, gli sfasciabbummari, di gridare allo scandalo tanto ai rocchesi le loro invidiose tesi da un orecchio entravano e dall'altro uscivano.
Però che bellezza, finalmente il sole della cultura era tornato a riscaldare i cuori e le libere menti dei rocchesi, che per cinque anni lunghi erano andate in letargo aspettando tempi migliori, mangiandosi il fegato per l'errore di avere indicato un felino qualunque alla guida di tanta generosa umanità.
Ma adesso il passato era alle spalle di Giulio, il felino era stato sconfitto e faceva parte delle cose ammuffite del passato.
A dir lo vero tale passato non era sempre alle spalle del Cesare, perchè spesso veniva anche notato al suo fianco, ma si sa essere perfetti non è cosa possibile per l'umano genere.

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